Introduzione

Mutina è una città sepolta. Gli spessi strati che la ricoprirono all’inizio dell’alto medioevo hanno in gran parte sigillato le vestigia della città romana.

Le fonti letterarie e i rinvenimenti archeologici ci restituiscono però l’immagine di un centro ricco e fiorente.

La città era collocata lungo la Via Emilia, arteria stradale di primaria importanza, che univa Ariminum (Rimini) con Placentia (Piacenza), realizzata a partire dal 187 a.C. dal console Marco Emilio Lepido, verosimilmente seguendo un più antico tracciato.

L’importanza di Mutina derivava in buona parte anche dall’essere un nodo strategico della viabilità dell’Italia settentrionale.

Le fonti letterarie ci ricordano anche che poco fuori la città passava un corso d’acqua, citato da Plinio e da Frontino negli scritti sulla guerra di Modena con il nome di Saniturnus.

Forse si tratta di un antico corso dell’attuale torrente Tiepido, che in età romana doveva scorrere presso il limite orientale della città, come sembrerebbero attestare alcuni sondaggi geologici effettuati nella zona dei Viali Trento Trieste e Ciro Menotti.

Altri corsi d’acqua probabilmente lambivano o attraversavano la città. Tra questi una certa importanza doveva avere il canale che scorreva parallelo al limite di Mutina, forse un antico corso dell’attuale torrente Cerca, poi deviato in età imperiale per guadagnare nuovi spazi necessari all’espansione urbanistica. Da Mutina, oltre alla Via Emilia, passavano o avevano inizio altri importanti assi stradali.

Un primo possibile percorso aveva forse origine dal limite orientale del perimetro urbano, probabilmente in corrispondenza dell’incrocio con la Via Aemilia. Da qui procedendo in direzione Sud Est si raggiungeva la valle del Panaro e, attraversato l’Appennino, l’Italia centrale.

Di questa via non abbiamo testimonianze archeologiche, ma rinvenimenti funerari attestati in prossimità di Viale Moreali (rinvenimenti 324, 326) potrebbero indicare la direttrice dell’asse viario.

Si dirigeva verso Nord invece un altro importante percorso ricordato anche da un documento del III secolo d.C. (l’Itinerarium Antonini) e forse in parte coincidente con la direttrice del cardine massimo.

Si tratta della via Mutina – Colicaria – Hostilia – Verona, di importanza vitale per le comunicazioni fra l’area padana ed il Norico. Un’altra strada, procedeva egualmente verso Nord, forse in direzione di Mantova.

Tracce di questo percorso sono state trovate in area urbana (rinvenimento 4) e nell’immediata periferia, più precisamente nell’alveo del fiume Secchia presso S. Cataldo.

Età Tardo-Repubblicana

Le attestazioni archeologiche relative all’età tardorepubblicana (II e I secolo a.C.) sono molto scarse. L’unico elemento ricostruibile, oltre al percorso della Via Emilia che attraversava la città e che coincideva con il decumano massimo, è l’ipotetica estensione generale dell’area urbana.

Resti di mura realizzate con grandi conci di pietra sono stati trovati a circa 8 metri di profondità nella zona dell’attuale mercato coperto, attiguo a Piazza XX Settembre (rinvenimento 209). Probabilmente, data anche la profondità del rinvenimento, essi costituiscono le originarie fortificazioni che cingevano la città.

Altri resti attribuibili a mura sono stati individuati in Piazza Roma (rinvenimento 160): in questo caso si tratta di un grande muro di laterizi, forse databile ad una fase più tarda, anche se si può supporre che coincida con un più antico limite, attribuibile ad età repubblicana.

Sulla base di questi due rinvenimenti e della distribuzione delle necropoli di età repubblicana ed imperiale, che risultano sempre collocate all’esterno dell’area urbana, è possibile ricostruire il perimetro originario della città: il centro di Mutina, esteso per circa 35 ettari, coincideva all’incirca con la parte orientale dell’attuale centro storico e con l’area dei quartieri residenziali costruiti a partire dall’inizio del XX secolo immediatamente al di fuori dei Viali Caduti in Guerra e Martiri della Libertà.

Analogamente a quanto riscontrato in altre località della regione e dell’area padana, è probabile che in questa prima fase la maggioranza delle case fosse costruita in gran parte con materiale deperibile, soprattutto legno, anche se non dovevano mancare edifici, specie pubblici e religiosi, costruiti interamente con laterizi e con materiali lapidei.

L’esistenza, verso la fine del I secolo a.C., di lussuose dimore patrizie è documentata dai resti della ricca domus di Via Università (rinvenimento 225).

Età Imperiale

Le attestazioni archeologiche relative all’età tardorepubblicana (II e I secolo a.C.) sono molto scarse.

L’unico elemento ricostruibile, oltre al percorso della Via Emilia che attraversava la città e che coincideva con il decumano massimo, è l’ipotetica estensione generale dell’area urbana.

Resti di mura realizzate con grandi conci di pietra sono stati trovati a circa 8 metri di profondità nella zona dell’attuale mercato coperto, attiguo a Piazza XX Settembre (rinvenimento 209). Probabilmente, data anche la profondità del rinvenimento, essi costituiscono le originarie fortificazioni che cingevano la città.

Altri resti attribuibili a mura sono stati individuati in Piazza Roma (rinvenimento 160): in questo caso si tratta di un grande muro di laterizi, forse databile ad una fase più tarda, anche se si può supporre che coincida con un più antico limite, attribuibile ad età repubblicana.

Sulla base di questi due rinvenimenti e della distribuzione delle necropoli di età repubblicana ed imperiale, che risultano sempre collocate all’esterno dell’area urbana, è possibile ricostruire il perimetro originario della città: il centro di Mutina, esteso per circa 35 ettari, coincideva all’incirca con la parte orientale dell’attuale centro storico e con l’area dei quartieri residenziali costruiti a partire dall’inizio del XX secolo immediatamente al di fuori dei Viali Caduti in Guerra e Martiri della Libertà.

Analogamente a quanto riscontrato in altre località della regione e dell’area padana, è probabile che in questa prima fase la maggioranza delle case fosse costruita in gran parte con materiale deperibile, soprattutto legno, anche se non dovevano mancare edifici, specie pubblici e religiosi, costruiti interamente con laterizi e con materiali lapidei.

L’esistenza, verso la fine del I secolo a.C., di lussuose dimore patrizie è documentata dai resti della ricca domus di Via Università (rinvenimento 225).

L’attuale tessuto urbano non conserva persistenze chiaramente riconoscibili dell’antico impianto di Mutina con l’eccezione della Via Emilia il cui percorso odierno, a parte alcuni leggeri spostamenti, ricalca quello dell’antica strada consolare.

Un tratto basolato della Via Emilia è stato identificato nel 1899 proprio sotto la Ghirlandina (rinvenimento 129), mentre tratti pavimentati a ghiaia sono stati rintracciati in Piazza S. Agostino (rinvenimento 2007-2008), presso l’attuale Parco Ferrari (rinvenimento 962) e in Via Emilia Est (rinvenimento 358).

Una possibile persistenza nella topografia attuale della città potrebbe riguardare l’anfiteatro la cui presenza è stata ipotizzata in base alla conformazione semicircolare di Via Mondatora e Via Canalino e da alcuni ritrovamenti (212, 213).

Alla prima fase del periodo imperiale sono verosimilmente da attribuire alcuni rinvenimenti di strade e collettori fognari trovati soprattutto attorno alla zona di Corso Adriano e Rua Pioppa, in prossimità dell’area dove probabilmente erano il foro (rinvenimenti 242, 246, 249, 250, 251) con gli annessi edifici pubblici e religiosi e un impianto termale (rinvenimenti 247, 251).

I ritrovamenti archeologici dell’area di Corso Adriano e Rua Pioppa forniscono indicazioni per un’ipotetica ricostruzione del reticolo viario della città in età imperiale.

Prendendo in considerazione la distanza fra alcuni rinvenimenti riferibili a due strade parallele (rinvenimenti 246, 249, 251), identificabili come due cardini, e alcuni condotti fognari (rinvenimenti 242, 250), che probabilmente correvano sotto due decumani si può ipotizzare un’organizzazione ortogonale basata su un modulo di un actus e mezzo (circa 53/54 metri).

Tale modulo è attestato anche in altre città dell’Italia settentrionale e, tra l’altro, a Parma, colonia fondata insieme a Mutina nel 183 a.C. e che, come Mutina, ebbe importanti riorganizzazioni urbanistiche a partire dall’età augustea.

Un’ipotesi alternativa, che si basa anche su supposte persistenze viarie moderne, propone invece un’organizzazione del reticolo viario mutinense fondata su un modulo di due actus (circa 70 metri) per i decumani e di tre actus (circa 106 metri) per i cardini, distanza che si ridurrebbe però ad un actus e mezzo nell’area centrale della città, in corrispondenza del foro.

Oltre ai grandi edifici pubblici e religiosi a Mutina erano ovviamente presenti numerosi edifici residenziali ed esercizi commerciali. Le conoscenze sulle dimore cittadine sono molto limitate.

Resti di mosaici e di edifici di una certa consistenza e pregio furono trovati negli scavi per la realizzazione delle fortificazioni cinquecentesche e durante l’Ottocento. In un periodo a noi più vicino, fra il 1950 e il 1970, furono individuati resti di domus nel corso di lavori edilizi.

La distribuzione di questi edifici sembra indicare una “vocazione” di zona residenziale di prestigio per gli isolati più vicini alla Via Emilia, sia a Sud, nelle vicinanze dell’area dove è stata ipotizzata la presenza del foro e di altri isolati a destinazione pubblica, sia a Nord soprattutto nella zona compresa fra Via Farini e Corso Canalgrande (rinvenimenti 163, 224, 225, 230).

Anche l’area attorno a Piazza Grande e Piazza XX Settembre fu evidentemente occupata da residenze di una certa rilevanza come confermano rinvenimenti di importanti mosaici e di resti di muri.

Ad eccezione di pochi interventi effettuati in tempi recenti (rinvenimenti 146, 357) tutti questi ritrovamenti non sono frutto di scavi archeologici stratigrafici e sistematici e pertanto le informazioni giunte fino a noi sono estremamente limitate; tuttavia i mosaici, i resti di intonaci dipinti, gli arredi domestici fanno supporre l’esistenza di dimore lussuose e raffinate come la domus di Via Università (rinvenimento 225).

Età Tardo-Antica

A partire dalla metà del III secolo d.C., in concomitanza con la grave crisi economica e politica che investe l’impero, anche Mutina inizia un lungo periodo di decadenza sociale ed economica confermata sia dai rinvenimenti archeologici che dalle fonti storiche.

Le aree che erano state urbanizzate nei primi tempi del periodo imperiale vengono ora abbandonate e occupate da vaste necropoli tardoantiche e probabilmente anche all’interno dell’originale impianto urbano di età tardorepubblicana vi sono zone in stato di parziale abbandono e degrado.

Una certa ripresa economica potrebbe essere avvenuta in età costantiniana (306-337 d.C.). Sembra infatti che Mutina, avendo opposto scarsa resistenza alle truppe di Costantino in guerra contro Massenzio per la conquista del potere imperiale, si fosse guadagnata la benevolenza dell’imperatore.

A questi avvenimenti può forse essere ricollegata la base onoraria attribuibile allo stesso Costantino o al padre Costanzo Cloro o forse a suo figlio Costanzo II (rinvenimento 247).

Un’eco della situazione di drammatica crisi in cui si dovevano trovare Mutina ed altre città emiliane alla fine del IV secolo ci viene fornita dalla testimonianza di S. Ambrogio che annovera la città in un elenco di semirutarum urbium cadavera (cadaveri di città semidistrutte).

Lo stato di degrado non doveva però essere così grave, dato che nella Tabula Peutingeriana Mutina risulta contrassegnata con il simbolo delle due torri, attribuito a quei centri che rivestivano ancora una certa importanza nell’ambito della rete viaria tardoantica.

Alla fine del IV secolo o nella prima metà del secolo successivo, è databile anche lo splendido mosaico trovato sotto la chiesa di S. Maria delle Asse in Corso Canalgrande. Secondo alcuni decorava il pavimento di un edificio di culto, mentre altri lo ritengono parte di una ricca domus di qualche personaggio ricco e potente.

E allo stesso periodo si data anche la probabile costruzione della basilica eretta sul luogo dove era stato sepolto il vescovo Geminiano e dove poi sorgerà il duomo, attorno al quale si svilupperà dai primi secoli dell’altomedioevo la vita cittadina.

Nonostante queste importanti attestazioni la crisi sembra oramai irreversibile e il degrado della città ha raggiunto proporzioni molto consistenti.

Probabilmente l’incuria di quel complesso e delicato sistema di controllo idrogeologico messo in atto dai romani fin dai tempi della centuriazione, sia nel territorio che in città, determina dissesti ed eventi alluvionali di cui il più consistente sembra essere quello che attorno al 590 cancellò quasi totalmente l’assetto urbano di Mutina.

Non tutta la città fu alluvionata allo stesso modo: certe aree, come quella attorno al duomo, furono in parte risparmiate e certamente alcuni dei principali edifici, sebbene gravemente danneggiati, rimasero ancora parzialmente in piedi. Tuttavia possiamo ritenere che questo evento segni effettivamente la fine dell’antica città di Mutina.