Impianto urbano di Mutina in età tardo-antica.

Età tardoantica

A partire dalla metà del III secolo d.C., in concomitanza con la grave crisi economica e politica che investe l’impero nel suo insieme, anche per Mutina inizia un lungo periodo di regressione, sia sociale che economica, confermata dai rinvenimenti archeologici e dalle fonti storiche.

Modena tuttavia, rispetto agli altri centri emiliani, dovette mantenere un ruolo rilevante, come dimostrerebbe ad esempio il rifacimento del ponte sul Secchia da parte degli imperatori Licinio, Gallieno e Valeriano, databile al 259 d.C., ricordato dall’iscrizione originariamente collocata sulla struttura ed ora conservata al Museo Lapidario Estense.

Segnali di una ripresa economica si notano in età costantiniana (306-337 d.C.), quando Mutina, avendo opposto scarsa resistenza alle truppe di Costantino in guerra contro Massenzio per la conquista del potere imperiale, si guadagnò probabilmente la benevolenza dell’imperatore. A questi avvenimenti può forse essere ricollegata la base onoraria attribuibile allo stesso Costantino o al padre Costanzo Cloro o forse a suo figlio Costanzo II, rinvenuta nell’area del Foro, tra Rua Pioppa e Corso Adriano.

Inoltre, in città erano presenti alti funzionari legati alla corte imperiale e militari, ricordati nelle iscrizioni di grandi sarcofagi decorati rinvenuti nell’area di S. Agostino – Largo A. Moro. A Costantino si deve anche un rifacimento della pavimentazione della via Emilia documentata dal miliario rinvenuto in reimpiego nel territorio di Castelfranco Emilia e da quello trovato nel Cinquecento all’Osteria del Bissone (rinvenimento 500). A tali attestazioni si aggiungono anche i dati di scavo della Tangenziale Pasternak (rinvenimento 84), in cui è testimoniato un rifacimento della massicciata stradale in ghiaia con ampliamento della sede carrabile a 12/13 metri.

In età tardoantica la crisi iniziata nel III secolo doveva essere ormai irreversibile, anche se risulta documentata una rilevante attività edilizia che portò alla costruzione di edifici di prestigio, come quello a cui doveva appartenere il mosaico rinvenuto in S. Maria delle Asse, e alla edificazione della basilica nel luogo stesso in cui era stato sepolto il vescovo Geminiano, dove poi sorgerà il duomo e si svilupperà dai primi secoli dell’altomedioevo la vita cittadina.

La Tabula Peutingeriana, mappa itineraria databile al IV secolo d.C., contrassegna Mutina con il simbolo delle due torri, attribuito a quei centri che rivestivano ancora una certa importanza nell’ambito della rete viaria tardoantica. In effetti, gli scavi archeologici documentano anche allora interventi di ripristino della via Emilia, che evidentemente costituiva ancora una delle principali arterie di collegamento stradale dell’Italia settentrionale.

Nuovi assetti sociali e diverse dinamiche politiche ed economiche diedero inizio a profondi mutamenti e trasformazioni che riusciamo a intuire in parte anche a livello urbanistico.

In questo periodo i mutamenti politici, economici e sociali portarono come conseguenza una modificazione del tessuto insediativo della città e del suo suburbio. Alla ridefinizione dell’assetto urbanistico e delle funzioni degli spazi urbani contribuirono due cause principali: il nuovo assetto politico dell’Italia con l’affermazione di Ravenna come capitale dell’Impero Romano d’Occidente e il diffondersi del culto cristiano.

Lo spostamento del potere centrale a Ravenna determinò l’esclusione di Modena dalle principali vie di comunicazione; l’asse di collegamento tra Mutina e l’area Transpadana, di cui un tratto è stato messo in luce nei recenti scavi eseguiti nell’area del parco Novi Sad, non fu più ripristinato dopo che nel IV secolo sedimenti alluvionali ne ricoprirono la massicciata.

La diffusione del culto cristiano, in seguito all’editto di Milano del 313, diede avvio a una profonda modificazione dello spazio urbano e suburbano.

I quartieri residenziali e produttivi che si erano sviluppati all’esterno del circuito murario furono abbandonati e sostituiti da spazi a destinazione sepolcrale. Vi fu un fenomeno di rottura con la tradizione romana e con le precise norme giuridiche che regolamentavano la separazione tra lo spazio dei vivi e quello dei morti, tanto che le periferie si trasformarono in aree cimiteriali.

Lo sviluppo del culto cristiano, e conseguentemente di una diversa ritualità funeraria, porta ad affermare il culto dei santi, la cui sepoltura viene trasformata dall’autorità vescovile in centro di devozione, trasformando così progressivamente lo spazio funerario in spazio sacrale. Parallelamente i luoghi di devozione divengono aree privilegiate per la sepoltura dei defunti, poiché la nuova ritualità ricerca la vicinanza al corpo del santo. Tale processo caratterizza anche le aree suburbane di Modena. Cimiteri organizzati per nuclei famigliari si dispongono a ridosso del limite cittadino; a est, nell’area di via Ciro Menotti, si trova un sepolcreto su un’area precedentemente occupata dal paleocorso del Tiepido e da un insediamento. Lo stesso avviene nel settore ovest, dove si trovava anche l’area cimiteriale che accoglieva la sepoltura del vescovo Geminiano, poi santo protettore della città.

Questo processo di cristianizzazione del suburbio unitamente ad altri fattori, tra i quali quello ambientale legato al succedersi di importanti apporti sedimentari sull’area della città romana, portò alla formazione del tessuto urbanistico di età medievale, in discontinuità rispetto a quello di Mutina. La nuova pianificazione urbanistica è imperniata sul suburbio occidentale di Mutina, in cui aveva trovato collocazione la tomba del vescovo-santo.