1860-1900
Nel periodo immediatamente successivo all’Unità ha un impatto dirompente sull’ambiente scientifico ed accademico modenese la figura di Giovanni Canestrini, a cui viene affidato nel 1862 l’insegnamento di Zoologia presso l’università e la direzione del Museo di Storia Naturale.
Fervente evoluzionista e autore della prima traduzione italiana dell’Origine della Specie di Darwin, Canestrini si fa portavoce di una nuova concezione, razionale e scientifica, della storia dell’umanità, secondo la quale la civiltà del mondo biblico e classico era stata preceduta da un lungo spazio di tempo, “la preistoria”, in cui l’uomo era vissuto come essere primitivo.
Alla ricerca di prove certe dell’antichità dell’uomo, Canestrini si fa promotore di scavi archeologici nel territorio, incentrati in particolare sulle terramare, gli antichi abitati dell’età del bronzo. Canestrini ne comprende appieno la natura di abitato preistorico, osteggiato in questo da Cavedoni che, ancora legato ad una visione fideistica dell’uomo e della sua storia, cerca invece di dimostrare che si tratta di resti di roghi funerari romani.
Ben presto si pone il problema di trovare una sede idonea ad ospitare l’ingente quantità di materiali recuperata dai nuovi scavi effettuati non solo nel territorio ma anche in area urbana. La mancanza di un museo cittadino appare con tutta evidenza nel 1865, quando i reperti degli scavi di Via Fonte d’Abisso (rinvenimento 87) vengono smembrati fra diverse istituzioni.
L’esigenza di istituire un Museo Civico è recepita dal Consiglio Comunale che nel 1871, in previsione anche del Congresso Internazionale di Archeologia e Antropologia Preistoriche che si sarebbe tenuto quello stesso anno a Bologna, approva lo stanziamento di un bilancio per la collezione archeologica comunale la cui direzione viene affidata all’assessore Carlo Boni.
Alla fondazione del Museo Civico fa seguito un’attività sistematica di ricerca, documentata oltre che da Carlo Boni anche da Arsenio Crespellani, dal 1875 Ispettore degli Scavi e dei Monumenti della Provincia di Modena. Dalla fine degli anni ’70 Crespellani instaura un rapporto di fattiva collaborazione con il Museo Civico, a cui dona nel 1879 la propria collezione di antichità e nel 1894, alla morte di Boni, ne diventa direttore.
La conoscenza e la salvaguardia dei resti archeologici è una delle sue preoccupazioni principali: oltre che nei rapporti sugli Scavi nel Modenese, pubblicati in genere con ritmo annuale, la sua attività si concretizza in una carta archeologica della città di Modena nella quale riporta con un ampio commento tutte le scoperte note fino al 1888, anno di pubblicazione.
La carta, oltre a documentare la situazione esistente, doveva, nelle intenzioni di Crespellani, costituire uno strumento per la programmazione di nuovi scavi. Tuttavia, durante l’ultimo quarto del secolo non si realizzano vasti interventi di scavo e i rinvenimenti registrati in città sono in genere dovuti a lavori edilizi o a scavi di pozzi.
Boni e Crespellani non lasciano eredi scientifici e nel 1900 la morte di Crespellani segna la fine di un’epoca. Dopo quella data il Museo Civico non avrà un direttore archeologo per oltre sessant’anni.