Iscrizione da Cittanova che riporta i nomi dei due consoli del 62 a.C.: Caio Antonio e Marco Tullio Cicerone. Museo Lapidario Estense.

La tarda età repubblicana

La ricchezza e l’importanza politica di Mutina si accrebbero nel corso del I secolo a.C. in coincidenza con la definitiva assimilazione dell’area padana nel mondo romano e allo sviluppo di nuovi mercati nelle Gallie e nell’area alpina.

La città costituiva con ogni probabilità un nodo viario di primaria importanza in quanto crocevia per le comunicazioni tra il Centro Italia e le province transalpine.

Proprio per la sua posizione strategica la città divenne durante il I secolo a.C. un punto chiave nelle guerre civili che insanguinarono la fase finale della repubblica. Già poco dopo la morte di Silla nel 78 a.C. Mutina venne assediata da Pompeo Magno (Plutarco, Vite parallele, 16). Qui si era infatti rifugiato con i suoi sostenitori Marco Giunio Bruto, uno del capi del partito popolare. La città si arrese per fame e Bruto in fuga venne assassinato a Reggio Emilia, forse per ordine dello stesso Pompeo.

Sempre vicino a Modena nel 72 a.C. Spartaco, alla guida di un esercito di gladiatori e schiavi liberati, distrusse l’accampamento del proconsole Cassio Longino. Evidentemente Mutina era considerata una vera e propria capitale, almeno dal punto vista militare. Ancora qui infatti nel dicembre del 44 a.C. si era stabilito con tre legioni Decimo Bruto, uno dei congiurati delle Idi di Marzo, dopo l’uccisione di Cesare.

Contro di lui mosse Marco Antonio assediando la città e dando vita alla “guerra di Modena”. Mutina splendidissima: così dopo la morte di Cesare (44 a.C.) definisce la città Cicerone nelle sue “Filippiche” (5,24) contro Marco Antonio.

Del grande livello di ricchezza raggiunto dalla città tra la fine dell’età repubblicana e il successivo principato di Augusto restano testimonianze a livello archeologico, oltre che nei ricchi arredi bronzei della domus patrizia dall’area dell’ex cinema Capitol (rinvenimento 225), anche nei frammenti di monumenti funerari in marmo le cui iscrizioni documentano la presenza di un ceto emergente fra cui figurano artigiani, professionisti, mercanti, molti dei quali appartenevano alla ricca e ambiziosa classe dei liberti, schiavi liberati, nonché la presenza di alti ufficiali appena congedati, veterani delle guerre civili che si erano “guadagnati sul campo” l’accesso a posizioni di comando.

La prosperità di Modena nell’ultimo secolo della Repubblica era dovuta principalmente alle risorse agricole che avevano permesso lo sviluppo nell’agro centuriato di un’organizzazione agraria complessa con fattorie distribuite in modo regolare sul territorio, spesso di buon livello edilizio ed architettonico su modello di quelle dell’Italia centrale.

Alle attività agricole si accompagnavano un allevamento fiorente (suini e ovini), che faceva capo al grande mercato dei Campi Macri (l’attuale Magreta) e le produzioni artigianali, note soprattutto nel campo della ceramica, ma certo estese anche ad altre attività meno attestate dai resti archeologici, come la produzione tessile.

Negli ultimi decenni prima di Cristo l’accresciuta ricchezza della città è visibile anche nell’aumento delle merci importate dall’Italia Centrale e dalla Campania (olio, vino, bronzi, ceramica), come pure dal Mediterraneo orientale.