I rituali funerari

Viale Trento Trieste 31 (rinvenimento 275). Tegola con pavoni affrontati che fungeva da cuscino funebre, rinvenuta all’interno di uno dei sarcofagi. Seconda metà IV – inizi V secolo d.C. Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

La sepoltura

In età tardoantica l’affermarsi della religione cristiana a partire dal IV secolo rese pressoché esclusivo il rito della inumazione. Con questa pratica, diffusa già alla fine della piena età imperiale, generalmente i defunti venivano disposti supini, con le braccia distese lungo i fianchi o con le mani incrociate sul bacino o sul petto. Il rito cristiano prevedeva anche l’uso di avvolgere il corpo in un sudario chiuso talvolta da spilloni di osso o metallo.

Il rinvenimento in alcune sepolture di oggetti quali calzari, fibbie e più raramente gioielli, conferma che talvolta i defunti erano sepolti con il proprio abbigliamento personale. Gli inumati trovati dentro uno dei sarcofagi di piazza Matteotti (rinvenimento 124) erano stati avvolti in tessuti e uno di essi aveva il capo cinto da una benda intrecciata con fili d’oro.

Al momento della deposizione i defunti potevano essere adagiati su un letto di paglia (rinvenimento 123), con la testa poggiata su cuscini costituiti da un rialzo ricavato sul fondo del sarcofago, da una pietra o da un laterizio, che a volte poteva essere anche decorato con simbologie cristiane come nel caso riscontrato nello scavo di Viale Trento Trieste, dove uno di questi laterizi è decorato da due pavoni affrontati.

Nel sarcofago di Piazza Matteotti (rinvenimento 124) assieme a fasci di fiori è stato trovato un cuscino realizzato con foglie di alloro, pianta sempreverde che allude simbolicamente alla vita eterna.

In età tardoantica è assai frequente, soprattutto nei sarcofagi e nelle casse laterizie più grandi, l’uso di seppellire vari defunti in un’unica tomba che poteva contenerne anche più di dieci, come nel caso del sarcofago di Piazza Mazzini (rinvenimento 132), in cui erano ben 13 scheletri. Certamente ciò comportava la frequente riapertura di sarcofagi e casse per la deposizione di nuovi defunti.

Piazza Mazzini, scavi 1932, lato ovest (rinvenimento 133). La tomba 3 a scavo quasi ultimato. Conteneva almeno sei defunti.

L’operazione in alcuni casi era facilitata dalla presenza di maniglie o prese, come nel caso del sarcofago di piombo di Piazza Roma (rinvenimento 87). Questa pratica comportava frequentemente la disconnessione degli scheletri preesistenti le cui ossa venivano raggruppate sul fondo o ai lati della tomba.

Nel sarcofago scavato nel 1987 in Piazza Grande solo le ultime due deposizioni risultavano anatomicamente connesse mentre le ossa degli altri defunti erano state rimescolate. In altri casi i corpi dei defunti venivano separati inserendo come elementi divisori delle lastre di pietra (rinvenimenti 87, 125).

Le tombe collettive rispecchiavano l’esigenza di riunire all’interno di un’unica tomba un gruppo familiare o comunque individui legati da qualche tipo di vincolo. Analoga funzione dovevano avere i raggruppamenti di sepolture in aree ristrette riscontrati a Mutina in vari rinvenimenti.

A volte si trattava di sarcofagi di un certo pregio affiancati da casse laterizie di minore rilevanza, in altri casi invece erano raggruppamenti di tombe di diversa tipologia.

Queste aree erano spesso segnalate da cippi funerari di legno o pietra e forse i raggruppamenti erano delimitati da recinti realizzati con legno o siepi più che in muratura.

Via Università 45, angolo Corso Canalgrande (rinvenimento 224). Lucerna di tipo africano con disco decorato da un pavone racchiuso da rami di palma stilizzati. Fine IV – inizi V secolo d.C. Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

I corredi

Già verso la fine dell’età imperiale la pratica di accompagnare il defunto con un corredo funerario è meno frequente e diventerà ancor più episodica in età tardoantica a seguito dell’affermazione di credenze cristiane in merito alla morte e all’Aldilà.

Nonostante ciò alcune antiche tradizioni si perpetuano, rivestite di un diverso significato simbolico ispirato dalla nuova fede. Ad esempio le lucerne, oggetti frequentemente deposti nelle tombe anche nei secoli precedenti, continuano, a volte con decorazioni tipicamente cristiane, ad accompagnare il defunto, simboleggiando la luce di Cristo che rischiara le tenebre della morte.

Apparentemente in contrasto con questa rielaborazione in senso cristiano di antiche usanze funerarie sembrerebbe la persistenza, forse solamente episodica, di un antico rituale funerario in uso nei secoli precedenti: l’obolo di Caronte, moneta che veniva deposta nella bocca o nella mano del defunto come simbolico pagamento del pedaggio al nocchiere infernale per traghettare le anime dei defunti nell’Aldilà.

In alcune tombe (rinvenimenti 306, 357) sono state infatti trovate monete evidentemente destinate a questo rituale funerario. Nelle sepolture delle fasi iniziali del periodo tardoantico non è comunque così raro riscontrare, soprattutto all’interno dei sarcofagi, l’uso di deporre alcuni oggetti relativi all’ornamento e abbigliamento personale e talvolta anche oggetti diversi, soprattutto vasi e brocchette o balsamari di vetro (rinvenimenti 72, 87, 124).

Piazza Roma, Fonte d’Abisso (rinvenimento 87). Oggetti di corredo delle sepolture. Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

Nei secoli successivi (V e VI) l’uso di deporre un corredo diviene più raro. Quando presenti, gli oggetti si riferiscono all’abbigliamento o alla cura del corpo (fibule, fibbie o pettini di legno e osso).

Solo alcune sepolture presumibilmente barbariche e appartenenti alle prime fasi dell’occupazione longobarda presentano una dotazione di corredo più ricca ed articolata comprendente anche collane di pasta vitrea e cristallo di rocca, bracciali di bronzo o avorio, utensili e armi.