I tipi di sepoltura

In età tardoantica l’aspetto delle necropoli cambia radicalmente rispetto alla piena età imperiale. I grandi monumenti funerari, destinati a celebrare l’importanza del defunto, meno frequenti già dalla fine del II secolo, sono sostituiti da tipologie tombali modeste e di poco impegno finanziario, generalmente interrate e segnalate soltanto da un tumulo di terra, da cippi o da qualche recinto.

Anche in questo periodo non mancano tuttavia elementi di monumentalizzazione, come, ad esempio, i sarcofagi che – collocati a volte anche su podio – emergevano dal piano di calpestio della necropoli.

Contrariamente all’epoca precedente le necropoli o i gruppi di tombe non sono più necessariamente disposti ai lati delle strade principali ma possono anche sorgere in prossimità dei luoghi di culto o di tombe di personaggi di particolare prestigio, giungendo con il tempo ad occupare anche spazi urbani.

La diffusione di nuovi rituali di seppellimento, strettamente legati al culto cristiano e caratterizzati dalla pratica pressoché esclusiva della inumazione, porta ad un impiego generalizzato di casse e sarcofagi. Nella costruzione delle tombe è comune il reimpiego di laterizi e materiali lapidei asportati da monumenti funerari o da edifici presistenti.

Le stele e le lastre di marmo che rivestivano i monumenti funerari di età imperiale sono spesso impiegate, intere o frammentarie, come elementi della copertura di tombe a cassa laterizia.

I sarcofagi a cassapanca e a decorazione architettonica di età imperiale sono spesso riutilizzati già a partire dall’ultimo trentennio del III secolo come sepoltura di personaggi eminenti.

Sarcofago di reimpiego da Piazza Matteotti (rinvenimento 124). L’iscrizione originaria del sarcofago, databile al II secolo d.C., fu cancellata in epoca tardoantica in occasione del reimpiego, forse per potervi dipingere la nuova dedica. Museo Lapidario Estense.

Sarcofagi a cassapanca e a decorazione architettonica

Continua almeno fino alla fine del III secolo d.C. la produzione dei sarcofagi di marmo di età imperiale a cassapanca o a decorazione architettonica. A partire dall’ultimo trentennio dello stesso secolo diventa sempre più frequente anche il reimpiego di questi sarcofagi come sepolture di personaggi di prestigio. Infatti, la crisi economica e la conseguente chiusura dei traffici commerciali con l’Oriente rendevano sempre più difficile la disponibilità di materiale per la realizzazione di questo tipo di sepolture.

Si diffuse così un vero e proprio commercio dei grandi sarcofagi di marmo, comperati per il costo e la preziosità del materiale dalle famiglie dell’alta aristocrazia o dalla influente burocrazia imperiale e rilavorati per essere adattati alle esigenze dei nuovi committenti. In genere il reimpiego prevedeva l’erasione dell’originaria iscrizione e l’inserimento della nuova dedica funeraria, che poteva essere riscolpita o forse semplicemente scritta con colore.

L’apparato decorativo dei sarcofagi non subiva significative modificazioni; tutt’al più alcune rilavorazioni potevano essere apportate su richiesta soprattutto nei ritratti dei defunti che venivano personalizzati per il nuovo destinatario. In questi sarcofagi potevano essere deposti vari defunti ma a Mutina, per quanto noto, non più di cinque.

Piazza Mazzini (rinvenimento 132). Sarcofago a cassa liscia di calcare. V-VI secolo d.C. Museo Lapidario Estense.

Sarcofago a cassa liscia

Tra V e VI secolo diviene meno frequente il riutilizzo di sarcofagi di marmo di età imperiale mentre si afferma la produzione di un nuovo tipo di sarcofagi a cassa liscia di calcare. La cassa, priva di decorazioni e di partizioni architettoniche, è coperta da un tetto a doppio spiovente decorato da acroteri agli angoli.

Generalmente i sarcofagi poggiano su blocchi e lastre di pietra probabilmente di reimpiego o su piani di mattoni. All’interno sono deposti in periodi successivi vari defunti, fino a tredici nel sarcofago di Piazza Mazzini. A volte le diverse deposizioni sono separate da una lastra divisoria.

Tomba a cassa di lastre di pietra dal Novi Sad in corso di scavo (2010).

Tomba a cassa di lastre di pietra

Queste tombe erano a pianta rettangolare, costruite con lastre di pietra, in genere recuperate da edifici o monumenti di età precedente. In un caso documentato a Mutina le lastre erano tenute insieme da grappe di metallo.

La cassa era interrata in una fossa mentre la lastra di copertura poteva emergere dal terreno. Anche questo tipo di tomba poteva contenere vari defunti, fino a sette, come nella sepoltura venuta alla luce in piazza Matteotti (rinvenimento 122).

Tomba a cassa laterizia dal Novi Sad in corso di scavo (2010).

Tomba a cassa laterizia

La tipologia sepolcrale più diffusa in età tardoantica è certamente la tomba a cassa laterizia, generalmente a pianta rettangolare, costruita con laterizi, lastre o pietrame; la struttura era interrata mentre la copertura, di laterizi o lastre di pietra intere o frammentarie, poteva affiorare dal terreno.

A Mutina sono attestate diverse varianti costruttive: in muratura, in muratura con copertura alla cappuccina, con mattoni posti di taglio.
A volte le casse laterizie sono inserite in complessi funerari articolati.

Nello scavo di Fonte d’Abisso (rinvenimento 87) all’interno di un’unica costruzione in muratura sembrano essere collocate tre diverse casse laterizie, realizzate anche mediante l’inserimento di blocchi e lastre lapidee. Una delle casse conteneva un sarcofago di piombo.

In altri casi si è potuto constatare che all’interno delle casse laterizie erano inserite anche casse di legno (rinvenimento 275).

Piazza Mazzini, scavi 1932, area nord est dello scavo (rinvenimento 133). La tomba 7 del tipo alla cappuccina, in corso di scavo.

Tomba alla cappuccina

La tomba cosiddetta “cappuccina” è un tipo di sepoltura presente già in età imperiale ed è ampiamente attestata in epoca tardoantica. Era costruita accostando a doppio spiovente coppie di tegole o più raramente di mattoni sesquipedali, ottenendo così una struttura a sezione triangolare.

A volte nel vertice del triangolo erano sistemati coppi di chiusura mentre le testate laterali potevano essere chiuse da altre tegole. Il fondo della tomba, realizzato anch’esso in mattoni, tegole rovesciate o in grossi frammenti laterizi, aveva pianta rettangolare o trapezoidale.

Talvolta vi erano appoggiati una pietra o un laterizio che fungevano da cuscino per il defunto. Generalmente la tomba era riservata ad un’unica deposizione.

Tomba in anfora dal Novi Sad in corso di scavo (2010).

Tomba in anfora

In età tardoantica è comune l’uso di reimpiegare come tombe le anfore, contenitori utilizzati per il trasporto e per la conservazione di cibi e liquidi. In genere questo tipo di sepoltura era riservata a bambini o fanciulli.

Le anfore erano comunemente tagliate in due parti in senso orizzontale nel punto di massimo diametro, per permettere l’inserimento del corpo.

A volte le anfore potevano costituire anche sepolture per individui adulti: in questo caso l’anfora di più grandi dimensioni poteva essere ridotta in vari frammenti e sommariamente ricomposta dopo l’inserimento del defunto.

Tomba a cassa di piombo rinvenuta a Brescello (Reggio Emilia). La cassa di piombo era inserita all’interno di una tomba a cassa laterizia in muratura coperta da una lastra di pietra e conteneva un solo defunto; due monete dei Severi (prima metà del III secolo d.C.) erano state deposte come corredo. Brescello. Museo Civico.

Cassa di piombo

Le casse o sarcofagi di piombo permettevano una più lunga conservazione del corpo dei defunti e potevano essere deposte all’interno di semplici tombe a fossa o entro casse laterizie. A Mutina sono documentati diversi rinvenimenti di questo tipo di sepoltura che sembrerebbe potersi datare soprattutto al III e IV secolo.

Molti dei sarcofagi di piombo trovati nel XVI secolo andarono dispersi o furono venduti come metallo. L’unica attestazione conservata a Modena, sia pure in pessimo stato, è la cassa di piombo rinvenuta nello scavo di Fonte d’Abisso: fu recuperata all’interno di una cassa laterizia ed aveva come copertura la stele frammentata di M. Peducaeus Nicephorus, disposta con l’iscrizione rovesciata verso l’interno.

Il sarcofago era dotato di maniglie per il trasporto e di un coperchio che era stato riaperto più volte per deporre in tempi successivi i tre defunti. Le casse di piombo potevano contenere più di un defunto ma a Modena sono attestate al massimo tre deposizioni.

Piazza Grande, scavi 1987-88 (rinvenimento 136). Tomba in tronco d’albero.

Tomba in tronco d’albero

A Mutina sono attestate tre sepolture in tronco di quercia scavato all’interno per la sistemazione di un unico defunto e deposto nel terreno entro fosse.

La tomba rinvenuta in Piazza Mazzini, non conservata, era stata scavata all’interno disegnando la sagoma del corpo e realizzando in corrispondenza della testa un rialzo che doveva servire da cuscino; all’esterno erano state ricavate due prese che fungevano da maniglie. In base ai dati archeologici e stratigrafici questo tipo di sepoltura sembra poter essere riferito cronologicamente al V o VI secolo.

Tomba in fossa semplice

In età tardoantica, come in età imperiale, i defunti erano deposti anche in semplici fosse scavate nel terreno. La fossa aveva in genere forma ellittica o rettangolare e a volte, nel caso delle cosiddette tombe “antropomorfe”, anche pianta trapezoidale, più stretta verso i piedi e più larga nella parte del capo. Si tratta di un tipo di tomba molto modesto e non troppo diffuso a Mutina.

Altri tipi di sepoltura

 

Piazza Grande, scavi 1987-88 (rinvenimento 136). In alto è il piano di frequentazione, probabilmente interpretabile come strada sepolcrale. Tra le due colonne si intravedono i frammenti della lastra di copertura di una tomba a cassa laterizia (indicata con i numeri 168-169). Sul retro della lastra fu trovata l’iscrizione a grandi lettere ET / E FIL.

Monumento a baldacchino

Negli scavi effettuati nel 1988 dietro l’abside del duomo (rinvenimento 136) è stata individuata una particolare sistemazione a carattere monumentale di un’area funeraria. Una probabile strada sepolcrale in battuto di ghiaia e frammenti di laterizi si interrompeva in corrispondenza di due rocchi di colonna, evidentemente recuperati da monumenti o edifici di piena età imperiale.

È possibile che le due colonne facessero parte di un monumento a baldacchino, composto da colonne che sostenevano un tetto, costruito per contenere e proteggere sepolture di una certa rilevanza.

Purtroppo lo scavo non poté essere ultimato e dunque non è possibile verificare questa ipotesi; tuttavia la particolare vicinanza all’area dove probabilmente sorgeva la basilica costruita sulla sepoltura del vescovo Geminiano potrebbe giustificare l’esistenza di una struttura funeraria di tipo monumentale.

Le tombe che si trovavano all’interno del supposto monumento a baldacchino appartenevano a due fasi. Alla fase più antica, evidentemente contemporanea all’erezione del monumento, possono essere riferite una tomba in tronco d’albero e due tombe a cassa laterizia con coperture lapidee. Una di queste era coperta dalla stele di Marcus Aelanius Proculus, databile al II secolo e reimpiegata in questo contesto tardoantico in modo che fosse visibile la faccia decorata ed iscritta.

Il disegno propone una ricostruzione di un monumento a baldacchino sulla base dei rinvenimenti dello scavo della necropoli di Piazza Grande.

Se si esclude, come sembra plausibile data la distanza cronologica, un legame individuale o familiare che ne giustifichi il riutilizzo, si può ipotizzare che il reimpiego della stele intera e con testo e decorazione a vista sia da ricollegare a qualche forma di pregio estetico-economico attribuito alle stele considerate più belle e meglio conservate.

La tomba coperta dalla stele di Marcus Aelanius Proculus doveva forse appartenere a qualche personaggio di spicco della comunità tardoantica e cristiana di Mutina, come del resto farebbe presupporre lo stesso monumento che doveva contenerla e l’area di sepoltura così vicina alla basilica dedicata al Santo.

L’utilizzo di stele di reimpiego con testo e decorazione a vista è attestato anche in altri casi nelle necropoli tardoantiche. di Mutina (rinvenimento 135).

 

 

Via C. Battisti 63 (rinvenimento 125). Lastra di pietra con raffigurazione di due pesci che ingoiano sette pani e con l’iscrizione Syntrophion.

Tomba a cella

In epoca tardoantica continuarono ad essere diffuse le tombe a cella, già in uso nelle necropoli di età imperiale e forse presenti anche a Mutina, sebbene non siano documentate da resti archeologici. Questo tipo di tomba, a forma di casa o piccola cella templare, era in genere destinato a comunità o a interi gruppi famigliari.

Nelle pareti interne erano ricavati gli arcosoli per le deposizioni dei defunti. La pavimentazione della cella era generalmente un semplice battuto di terra, di calce o di frammenti laterizi. Sulla fronte esterna e nelle pareti interne potevano essere murate piccole lapidi di pietra con iscrizioni e simboli cristiani.

Disegno ricostruttivo di una tomba a cella. Sulla facciata è stata inserita una tabella iscritta.

Da Mutina proviene una lastra di marmo con la raffigurazione del motivo cristiano dei pani e dei pesci, che ipoteticamente potrebbe essere stata murata sulla fronte di una tomba a cella. L’iscrizione della tabella, Syntrophion, ossia “comunità, persone vissute insieme”, indicava probabilmente che il monumento costituiva una sepoltura comune, forse di una associazione o di una confraternita religiosa.