Sarcofago Fontana (rinvenimento 72). Museo Lapidario Estense.

Il reimpiego nel XVI secolo

Col Cinquecento il reimpiego di carattere “privato” diventa la forma principale di riutilizzo dei monumenti antichi, come testimoniano i numerosi sarcofagi romani usati come sepolture dalle famiglie nobili modenesi.

Fra questi è il sarcofago cosiddetto Fontana rinvenuto nel 1530 scavando un pozzo presso la casa di Ludovico Falloppia, nell’attuale via Falloppia (presso l’antica chiesa di S. Agata).

Acquistato da Baldassarre Fontana per fare un sepolcro per sè e per il fratello, venne collocato vicino alla porta del Duomo. Per il nuovo utilizzo il sarcofago venne completamente rilavorato con decori e scritte cinquecentesche, sfruttando come fronte il retro del monumento.

In piena età rinascimentale la Cattedrale continuò a fungere da luogo di raccolta delle belle memorie antiche scoperte in città, compito che svolse insieme al Palazzo Comunale fino alla costituzione nel XIX secolo del Museo Lapidario Estense. Lo dimostrano le numerose stele documentate come presenti ai piedi della parete meridionale e orientale del Duomo, in posizione ben visibile ai passanti.

La lastra di C. Egnatius Primigenius, rinvenuta tra via Taglio e via S. Agata attorno 1540, venne “impiombata” lungo il muro meridionale del Duomo, abbastanza vicina a terra, tra i due sarcofagi di Bruttia Aureliana e Appeiena Philumene.

Tale posizione decretava il valore del pezzo, determinato oltre che dal buono stato di conservazione, anche dal “messaggio pubblico” contenuto nell’iscrizione in cui si fa riferimento a due membri del collegio sacerdotale degli “Apollinares”.

Lastra di C. Egnatius Primigenius (rinvenimento 71). Museo Lapidario Estense.

Nel 1550, durante gli scavi per la costruzione della cinta muraria presso la chiesa della Madonna della Fossa (a nord dell’incrocio con via S. Giovanni del Cantone) venne recuperato il sarcofago di Sosia Herennia.

Non sappiamo se sia stato riutilizzato come tomba da famiglie modenesi. Di certo si sa che nel XVII secolo il cronista Lodovico Vedriani lo descrive come presente presso la facciata del Duomo, nel recinto del sagrato, insieme ai sarcofagi di Peducaea Iuliana, dei Valentini e di Vettius Sabinus.

Sarcofago di Sosia Herennia (rinvenimento 185). Museo Lapidario Estense.

Verso il 1680, insieme alla maggioranza dei sarcofagi esposti attorno al Duomo, venne spostato nel cortile delle Canoniche dove, a detta del Malmusi, “servì ad accogliere le ceneri e le ossa in circostanza di un espurgo all’interne tombe della chiesa”.

In occasione della riedificazione della torre dell’orologio del Palazzo Comunale, alcuni pezzi antichi vennero trasferiti dal Duomo nei pilastri di base della torre, a conferma dell’interesse da parte della Comunità ad assicurarsi i reperti più esemplificativi delle virtù civiche. È questa la sorte della stele degli Statii, rinvenuta nel 1546 durante gli scavi per la costruzione del baluardo di S.Pietro, tra gli attuali Viale Muratori e Viale Fabrizi.

Come narra la cronaca di Tommasino de’ Bianchi, per ordine della Comunità la stele venne “piombata al Domo apresso la sepoltura de Molza in testata del pilastro della volta che va alla porta del Domo verso S.to Domenico…”, ma già nel 1549 venne spostata nei pilastri della torre dell’Orologio del Palazzo Comunale.

Nel 1552 durante scavi presso la casa di Francesco Fioravante in via Castel Maraldo vennero riportati alla luce vari importanti reperti (rinvenimento 57). Fra questi era la stele di Sextus Allius, uno dei più antichi monumenti funerari di Mutina. Senza neppure passare lungo i paramenti del Duomo, la stele venne subito murata accanto a quella degli Statii in uno dei pilastri della torre dove restò esposta all’ingiuria del tempo per alcuni secoli.

La stele degli Statii e quella di Sextus Allius vennero murate una accanto all’altra nei pilastri della torre dell’orologio del Palazzo Comunale. Vincenzo Colombi, Cronaca di Modena (dal 1597 al 1643), c. 19 r., BE, Cronache Modenesi manoscritte, Racc. Campori 291=γ.B.6.11.


Frammenti di monumento funerario con busti (rinvenimento 57). Museo Lapidario Estense.

Assieme alla stele di Sextus Allius furono rinvenuti in via Castel Maraldo anche due frammenti con riquadri a cornici modanate probabilmente pertinenti ad un monumento funerario di notevoli dimensioni.

Sulla fronte sono visibili due busti, uno femminile e l’altro maschile. Anche questi pezzi furono murati nei pilastri anteriori della torre dell’Orologio.

Il sarcofago dei Pizaccheri, di cui resta solo la fronte a mo’ di lastra, venne fatto rilavorare nel 1567 dal nuovo proprietario, Giovan Battista Pizaccheri, che fece eradere la scritta originaria sostituendola con un’altra a ricordo della sua famiglia ivi sepolta.

Fronte del sarcofago dei Pizaccheri. All’interno dell’edicola era l’iscrizione originaria erasa in occasione del reimpiego. Metà e la fine del III secolo d.C. Museo Lapidario Estense.

Il monumento fu collocato sul sagrato della chiesa del Carmine (attuale S. Biagio) e poi, per le precarie condizioni dovute ai continui danneggiamenti subiti, nel 1743 venne segato in più parti e la fronte fu murata sulla parete esterna della stessa chiesa verso la via Emilia, fino al suo definitivo trasferimento presso il Museo Lapidario Estense.