Iscrizione con dedica votiva a Giunone e Giove. Inizio I sec. d.C. Museo Lapidario del Duomo.

La religiosità

I culti pubblici

Tra le attestazioni più antiche legate alla presenza di culti pubblici a Mutina vi è la menzione del culto di Minerva, ricordato da Cassio Dione nel corso della narrazione degli eventi legati alla guerra di Modena del 43 a.C. Alla vigilia del conflitto, la statua di Minerva che si trovava nei pressi della città versò sangue e latte in abbondanza, segno interpretato come presagio del conflitto imminente.

Il culto di Minerva è attestato anche nel territorio della colonia, a Montegibbio (nei pressi di Sassuolo) e a Maranello; in questi territori, caratterizzati dal fenomeno delle salse sfruttate nell’antichità anche per le loro proprietà terapeutiche, la dea doveva essere venerata come prodigiosa guaritrice.

Il luogo deputato allo svolgimento del principale culto pubblico cittadino, quello dedicato alla triade capitolina (ossia Giove, Giunone e Minerva), era il Capitolium, il più importante tra i templi urbani. Tale culto potrebbe essere documentato da una iscrizione rinvenuta nel 1881 durante lavori nella cattedrale e oggi conservata presso il Museo Lapidario del Duomo. La lastra era collocata su un edificio pubblico e commemorava la generosità di un privato cittadino che fece decorare il tempio  a proprie spese con clipei.

L’esistenza di un tempio dedicato al culto dell’imperatore divinizzato è comprovata da una iscrizione ritrovata in reimpiego nella chiesa di San Possidonio, probabilmente proveniente da Mutina. Il testo celebra l’atto di liberalità di alcuni cittadini che eressero a proprie spese il Caesareum, oltre a eseguire la ristrutturazione dei portici del foro e delle strade della città.

Nell’area del foro di Mutina furono recuperate tre basi onorarie offerte dai Mutinensi agli imperatori Adriano, Numeriano e Flavio Valerio Costante (rinvenimento 247), collocate verosimilmente in prossimità del Caesareum.

Stele del magister Apollinaris Marcus Paccius Orinus. I secolo d.C. Museo Lapidario Estense.

A Mutina, come in tutte le città romane, era praticato a partire dall’età di Augusto il culto alla figura imperiale. Una particolare forma di venerazione della figura dell’imperatore  era prerogativa del collegio degli Apollinares.

Le testimonianze consentono di ipotizzare una corrispondenza tra il collegio dei seviri augustales, dedito al culto imperiale e diffuso in numerosi centri dell’Italia romana, e quello degli Apollinares o Apollinares et Augustales, attestato fino ad ora soltanto a Mutina, Arretium, Caiatia e Luceria, città strettamente legate, per varie ragioni, all’ascesa al potere di Ottaviano Augusto. Già dall’epoca della battaglia di Azio del 31 a.C. Ottaviano aveva invocato Apollo come  protettore, associando in tal modo la propria figura a quella della divinità.

Attraverso il culto di Apollo celebrato dagli Apollinares si venerava indirettamente, senza commettere sacrilegio, lo stesso Ottaviano Augusto ancora vivente. Dopo la morte e la divinizzazione di Augusto, gli Apollinares acquisirono anche la funzione di sacerdoti del divino Augusto, come rivelano le iscrizioni dei monumenti funerari di Marco Elanio Proculo (rinvenimento 136), che si definisce apollinaris et augustalis, e di Lucio Valerio Costante, figlio di Vetilia Egloge (rinvenimento 74), anch’egli ricordato con gli stessi titoli.

L’ordinamento degli Apollinares era simile a quello degli Augustales e prevedeva una gerarchia di ruoli di cui era espressione la suprema carica di magister, che risulta attestata dalla stele di Marcus Paccius Orinus (rinvenimento 324) e da una stele mutila rinvenuta nel territorio modenese, dedicata da un magister apollinaris alla propria consorte.

I membri del collegio appartenevano quasi tutti alla ricca e ambiziosa classe dei liberti, tesi al riscatto della propria inferiorità giuridica tramite la carriera religiosa e normalmente dediti a professioni che garantivano un notevole benessere economico. Più di rado sono attestati Apollinares di nascita libera, spesso personalità influenti come il decurione Lucius Novius.

Il collegio assicurava ai propri membri molto di più che il mutuo soccorso o la degna sepoltura, come di regola avveniva all’interno di altri sodalizi; la fedeltà all’imperatore era ricambiata con una dignità non altrimenti perseguibile, di cui erano espressione diretta le insegne ornamentali, simili a quelle riservate ai decurioni (toga praetexta, sella curule, fasci senza scure) esibite con orgoglio nei posti privilegiati a teatro e nei pubblici banchetti e riprese perfino nei monumenti onorari e funerari con valenza di messaggio simbolico, come nella stele di Marcus Paccius Orinus e in quella di Lucius Novius.

Nella collezione Estense di Modena era conservato un frammento lapideo iscritto, oggi disperso, con un elenco di liberti, probabilmente un elenco ufficiale degli Apollinares di Mutina.

Nelle città romane era diffuso anche il culto riservato alle donne della famiglia imperiale. Un sarcofago modenese ricorda Appeiena Philumene, flaminica Mutinae (rinvenimento 55), ossia sacerdotessa del culto di una Augusta imperatrice, culto che veniva affidato a donne di buona estrazione sociale.

 

Statuetta in bronzo raffigurante Ercole, da Panzano di Campogalliano. Fine del I – II secolo d.C. Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

Testimonianze di devozione privata

Numerose iscrizioni di carattere funerario e votivo rivelano la intima devozione dei Mutinenses nei confronti di divinità come Giove Ottimo Massimo, Mercurio, Nemesi, Iside e verso semidei come Eracle.

Non di rado tuttavia si dimostrava devozione a personificazioni di concetti astratti, come Fortuna e Vittoria, nella speranza di ottenere una grazia o un beneficio.