99. Località imprecisata a nord di Corso Cavour

Necropoli. Fine III secolo d.C.
22 febbraio 1532. Scavi per recuperare argilla per una fornace

Cronache modenesi del XVI secolo ricordano il recupero di un sarcofago contenente due sepolture, una maschile ed una femminile. Il sarcofago fu realizzato in età severiana (fine II – inizio III secolo d.C.), ma confronti stilistici permettono di datare alcuni ritratti alla fine del III secolo d.C., periodo in cui il sarcofago fu evidentemente reimpiegato e riadattato alle esigenze del nuovo proprietario, identificabile con il personaggio citato dall’iscrizione originaria riportata da Tommasino De’ Bianchi. A questa fase può dunque essere attribuito il contesto funerario, di cui si ha notizia dalla cronaca cinquecentesca, riferibile alla necropoli tardoantica a nord di Mutina. Il sarcofago è probabilmente identificabile con quello cosiddetto dei Valentini, oggi conservato presso il Museo Lapidario Estense, che però alcuni autori preferiscono indicare come proveniente da piazzale S. Agostino (rinvenimento 55).

Approfondimento

Tommasino de’ Bianchi narra che Elya Ponzano, proprietario di una fornace nel borgo Albareto (agli inizi dell’odierno Corso Vittorio Emanuele II), “faciendo vangare terra da fare malta da prede …. ha trovata una bela archa granda de preda fina sotto tera doe braza” (circa m 1,40) e che dentro al sarcofago “ge le trovato dui corpi de homo e dona”. A distanza di vari anni, tuttavia, il cronista dice che la sepoltura si trovava alla profondità di braccia 16, ossia m 8,20. La notizia del recupero del sarcofago ebbe grande clamore in città e suscitò la curiosità dei modenesi che accorrevano in gran numero a vederlo. Il cronista riporta in date di poco successive a quella del rinvenimento, avvenuto il 22 febbraio 1532, anche il testo dell’iscrizione, la testimonianza della vendita per 50 scudi ad Alfonso Sadoleto e la notizia della sistemazione del monumento sul sagrato del Duomo in mezzo alle sepolture dei Boschetti e dei Bellincini. All’inizio del XVII secolo il sarcofago fu reimpiegato come sepolcro gentilizio dalla nobile famiglia modenese dei Valentini.

Fonti e documenti

Cronaca di T. de’ Bianchi

Cronache modenesi del XVI secolo ricordano il recupero di un sarcofago contenente due sepolture, una maschile ed una femminile. Il sarcofago fu realizzato in età severiana (fine II – inizio III secolo d.C.), ma confronti stilistici permettono di datare alcuni ritratti alla fine del III secolo d.C., periodo in cui il sarcofago fu evidentemente reimpiegato e riadattato alle esigenze del nuovo proprietario, identificabile con il personaggio citato dall’iscrizione. A questa fase può dunque essere attribuito il contesto funerario di cui si ha notizia dalla cronaca cinquecentesca. Il rinvenimento è riferibile alla necropoli tardoantica a nord di Mutina. Il sarcofago è probabilmente identificabile con quello cosiddetto dei Valentini, oggi conservato presso il Museo Lapidario Estense, che però alcuni autori preferiscono indicare come proveniente da piazzale S. Agostino (rinvenimento 55).

Tommasino de’ Bianchi, Cronaca modenese, 24 febbraio 1532 
BE, Cronache Modenesi manoscritte, α.T.1.4, c. 470 r.

 

Sabato adì 24 febbraio

Elya Ponzan fornaxare sino adì 22 del presente in zobia faciendo vangare terra da fare malta da prede in el borgo de Albareto ala sua fornaxe ha trovata una bela archa granda de preda fina sotto tera doe braza e inanze che el se sia saputo lui la aperta per vedere sel gera tesoro dentro et ge le trovato dui corpi de homo e dona; se dice che el ne ha potuto havere da ser Jacomo Biliarde scuti 40; lo epitafio de ditta sepultura si è questo:

Tommasino de’ Bianchi, Cronaca modenese, 24 febbraio 1532 
BE, Cronache Modenesi manoscritte, α.T.1.4, c. 470v.

 

 

Adì ditto [26 febbraio 1532]
Epitafio dela sepultura trovata in el borgo d’Albareto da Helya Ponzano fornaxare como appare in questo a c. 470.

D. M.
M. AURELIO PROCESSANO V. E. EX. CENT PRAET COHORT. VI PROT DUCENARIO BONONIA METRODORA CONIUGI KARISSIMO CUM QUO VIXIT AN XI MEN XI DIES XV B. ME.

El va tante persone a vedere ditta sepultura che le pare che vadano a vedere un corpo santo e cossì le done como li homini etiam puti e religiosi.
E nota che adì 6 aprile del anno presente la venduta scuti 50 a M. Alfonso Sadoleto in questo 489.

D(is) M(anibus). / M(arco) Aurelio / Processano, v(iro) e(gregio), / ex cent(urioni) praet(oriae) / cohort(is) VI, / prot(ectori) ducenario, / Bononia Metrodora / co(n)iugi / karissimo, / cum quo vixit an(nos) XI, / men(ses) XI, dies XV, b(ene) me(renti).

 

 

Agli Dei Mani. A Marco Aurelio Processano, di rango equestre, centurione della VI coorte pretoria, protector di livello ducenario, Bononia Metrodora al marito carissimo e ben meritevole, col quale visse 11 anni, 11 mesi e 15 giorni.

L’iscrizione riporta la dedica di Bononia Metrodora al marito Marcus Aurelius Processanus, provinciale di rango equestre che svolse una straordinaria carriera nella guardia imperiale. L’iscrizione ricorda, infatti, che egli ricoprì prima la carica di centurione pretoriano, quindi fu ammesso nel corpo dei protectores, guardia sceltissima al seguito dell’imperatore.

Tommasino de’ Bianchi, Cronaca modenese, 9 aprile 1532
BE, Cronache modenesi manoscritte, α.T.1.4, c. 489 v.

Martedì adì 9 ditto
Elia Ponzan fornaxaro in el borgo de Albareto sino adì 6 del presente ha venduto quella sepultura trovò pochi dì fa sotto terra in uno suo campo faciando cavare terra da fare prede. Al M.co M. Alfonso fu del M.co M. Zohane Sadoleto scuti cinquanta in ditto loco dove al presente è, zoé in quello campo apreso la sua fornaxa. Così me ha refferito questo dì Zan Francesco Ponzano suo nepote.

Tommasino de’ Bianchi, Cronaca modenese, 1 luglio 1532
BE, Cronache Modenesi manoscritte, α.T.1.5, c. 125 r.

 

Lunedì adì primo luio.
El magnifico misser Alfonso del quondam dominus M.co messer Zohane Sadoleto dottore e cavalero modenexo questo dì ha fatto condurre in Modena el cuperto dela sepultura comperò a dì pasati da Elia Ponzan Fornaxare scuti 50 e gionto che fu el carion con ditto cuperto ala porta Albareto non poté intrare in la città, se prima non se domandò licentia al Signor Enea Pio governatore de Modena, e doppo lui al capitano Batistino Strozo che è ala guarda de Modena, la causa perché non se sa, se non che el se presume che in el menare poteria impedire li ponti e la porta e poteria acadere qualche descunzo ala città, ma qui non sta el fatto, nisi dominus custodierit civitatem, frustra vigilat qui custodit illam vel eam, et la vole fare mettere in el sacrato verso la pilizaria della giesia Cathedrale de Modena in mezo a doe sepulture una di Buschetti e una di Belencini de sotto dala grada de ferro che nese dal sacrato apreso alla spetiaria de M.ro Mathè Cervo.
Item adì 3 ditto fu conduto in Modena il cason zoè la sepultura preditta in suxo uno carion forte fatto aposta con para 4 de boi de quelli del porto et più de 10 homini intorno con stange et altro et l’ano conduta per la porta Salexeto; e detro la strada magistra e in pilizaria et è stato el soprascritto M.ro Angelo da Parma capo magistro e in anze che l’abiano conduta dentro dala ditta porta el capitano de le guarde de ditta porta ha fatto fare el squaraguaito li intorno per le camere a veder s’el gera zente ascoxe aciò non saltaseno fora quando la fusse in suxo el ponte e pigliaseno la cità et ge sono stati dele hore 2 aspettare ditti squaraguaiti.

Rinvenimenti

Cronache modenesi del XVI secolo ricordano il recupero di un sarcofago contenente due sepolture, una maschile ed una femminile. Il sarcofago fu realizzato in età severiana (fine II – inizio III secolo d.C.), ma confronti stilistici permettono di datare alcuni ritratti alla fine del III secolo d.C., periodo in cui il sarcofago fu evidentemente reimpiegato e riadattato alle esigenze del nuovo proprietario, identificabile con il personaggio citato dall’iscrizione. A questa fase può dunque essere attribuito il contesto funerario di cui si ha notizia dalla cronaca cinquecentesca. Il rinvenimento è riferibile alla necropoli tardoantica a nord di Mutina. Il sarcofago è probabilmente identificabile con quello cosiddetto dei Valentini, oggi conservato presso il Museo Lapidario Estense, che però alcuni autori preferiscono indicare come proveniente da piazzale S. Agostino (rinvenimento 55).

Museo Lapidario Estense

 

Sarcofago Valentini

Sarcofago a decorazione architettonica, detto dei Valentini. L’iscrizione originale di M. Aurelius Processanus, sostituita nel XVII secolo dalla dedica funeraria dei Valentini ma a noi nota dalla cronaca di Tommasino de’ Bianchi, era contenuta all’interno di un’edicola con frontone triangolare affiancata da arcate e sostenuta da colonne con capitelli tuscanici. Agli angoli della cassa sono pilastri con capitelli tuscanici. Sui lati brevi del sarcofago sono scolpiti, all’interno di edicole simili a quelle della fronte, eroti alati che sorreggono ghirlande di alloro. Il coperchio è a tetto displuviato con tegole e coppi e presenta una successiva rilavorazione per l’inserimento sulla fronte dello stemma della famiglia Valentini; nei timpani dei lati brevi sono raffigurate teste di gorgone. Gli acroteri sulla fronte presentano a destra un ritratto maschile e a sinistra una raffigurazione allegorica della Primavera. Il sarcofago, databile all’età dei Severi (fine II – inizi III secolo d.C.), fu riutilizzato poco più di mezzo secolo dopo, ossia intorno all’ultimo ventennio del III secolo d.C. Il nuovo committente, Bononia Metrodora, oltre a fare scolpire la dedica per sé e per il marito M. Aurelius Processanus, commissionò ulteriori personalizzazioni dell’arca sepolcrale nell’apparato decorativo: nell’acroterio di destra del coperchio il defunto, un ex pretoriano, venne ritratto in divisa militare, rilavorando la decorazione originaria che probabilmente era costituita dall’allegoria di una stagione simile a quella della Primavera sull’altro acroterio; nella finta arcata a destra dell’iscrizione fu modificato anche il volto del personaggio togato.

 

Il defunto, M. Aurelius Processanus, è ritratto in divisa militare sull’acroterio di destra del sarcofago


La raffigurazione allegorica di stagione, forse la Primavera, inserita nella parte frontale dell’acroterio di sinistra del sarcofago, si riferisce alla decorazione originale del sarcofago

 

Particolare del personaggio togato raffigurato entro l’arcata a destra dell’iscrizione

 

 

L’iscrizione che ricorda il reimpiego della famiglia dei Valentini ha sostituito l’originale epigrafe di M. Aurelius Processanus.

 


Sepulcrum hoc vetu/state consumptum / praeclara Valentinor[um] / progenies unanimiter/ restauravit anno D[omi]ni / MDCXI

Questo sepolcro, consunto per l’antica età, la nobile discendenza della famiglia Valentini restaurò di comune accordo, nell’anno del Signore 1611.