350. Via Emilia Est – Via Pelusia – Ferrovia Modena – Sassuolo

Necropoli. I-III secolo d.C.

Via Emilia. II secolo a.C. – età tardoantica

2000-2001. Scavi per la costruzione del sottopasso della linea ferroviaria Modena-Sassuolo (scavo Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna)

Lo scavo archeologico ha interessato due ampi settori a nord e a sud della via Emilia nel tratto attraversato dalla linea ferroviaria Modena-Sassuolo. I ritrovamenti si riferiscono a circa 180 sepolture, associate a elementi lapidei pertinenti a monumenti funerari, databili tra I e III secolo d.C. Nel lato sud le tombe si presentano di tipologia modesta e ordinatamente disposte una accanto all’altra, mentre nel lato nord le sepolture sono generalmente più ricche e risultano raggruppate in nuclei riconducibili ad ambiti famigliari; in tre casi è stato possibile riconoscere il recinto funerario.

Il rituale di sepoltura più documentato è quello ad incinerazione diretta (bustum) o indiretta (ossa combuste sepolte direttamente in terra o riposte in urne cinerarie lapidee o fittili). Sono invece pochissime le inumazioni, soprattutto in cassa lignea o laterizia.

La maggior parte delle tombe è dotata di anfore tagliate orizzontalmente e infisse nel terreno ad una estremità della sepoltura, utilizzate per introdurre le offerte delle libagioni. I defunti erano stati sepolti generalmente con oggetti di corredo relativamente modesti e comuni (monete in bronzo, lucerne, vasetti in terracotta, balsamari in vetro) soprattutto nel settore meridionale.

Dalle tombe del settore nord provengono anche gioielli in bronzo (anelli, fibule, orecchini, pendagli), in pasta vitrea e, solo da due tombe, in argento e oro.

Lo scavo archeologico ha interessato anche un tratto della via Emilia, portando alla luce 9 fasi del tracciato antico della strada. Il livello più antico è databile al momento di impianto della strada consolare, il 183 a.C., e presenta un piano glareato.

Sono state individuate tre risistemazioni successive, una alla fine dell’età repubblicana, una riferita al periodo alto imperiale e l’ultima al basso impero. Nel periodo tardo antico si ritrovano due ulteriori momenti di ripristino della strada dopo episodi alluvionali, mentre le ultime 3 fasi sono databili tra il medioevo e il rinascimento.

I materiali sono conservati nel Lapidario Romano dei Musei Civici di Modena e presso il Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

Fonti e documenti

Foto dello scavo

 

Via Pelusia. Tomba a incinerazione (bustum) coperta da tre tegole.

 

Via Emilia, lato sud. Tomba a incinerazione (bustum) con anfora per libagioni.

Rinvenimenti

Stele di L. Rubrius Stabilio Primus

Stele a timpano decorata sulla fronte e sui lati dai ritratti dei defunti entro nicchie. Il timpano, ornato al centro da una testa di gorgone, era sormontato probabilmente da un elemento decorativo a pigna. Sulla fronte della stele si trovano i ritratti di due coppie di coniugi, in alto il padre e la madre, in basso Lucius Rubrius Stabilio e la liberta Methena. I nomi dei personaggi sono incisi sulle fasce sopra le figure.

Lo specchio epigrafico, inquadrato da due colonnette tortili con capitello corinzio, accoglie l’iscrizione funeraria. I fianchi della stele sono decorati da un girale di foglie d’acanto delimitato da una lesena con capitello corinzio. In alto, due nicchie racchiudono i ritratti di un uomo ed una donna, probabilmente i fratelli del dedicante. La stele è databile tra la fine del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C.

 

Stele di L. Rubrius Stabilio Primus Musei Civici di Modena, Lapidario Romano

 

L(ucio) Ru[br]io Stabil(ioni) [pat]ri, / Iuliae Gratae matri, / L(ucius) [Ru]brius L(uci) [f(ilius)] / Stabilio, / Primus tonsor / Mutin(ae) Apol(linaris), / sibi et Methen(i) / libert(ae) / et suis v(ivus) f(ecit). / P(edes) q(uoquoversus) XII.

Sul fianco destro, per chi guarda: Iuliae Prisc/ae, soror(i).

Sul fianco sinistro, per chi guarda: C(aio) Iulio Sp(uri) f(ilio) / Tertio, fratri.

Lucio Rubrio Stabilione Primo, figlio di Lucio, tonsore, Apollinare in Mutina, fece da vivo al padre Lucio Rubrio Stabilione, alla madre Giulia Grata, a se stesso e alla liberta Methe e ai suoi. Su entrambi i lati (l’area sepolcrale misura) 12 piedi (circa 12,6 mq.).

Alla sorella Giulia Prisca.

Al fratello Gaio Giulio Terzo, figlio di Spurio.
Lucius Rubrius Stabilio Primus, figlio di Lucio, erige il monumento ancor vivo a tutta la sua famiglia: ai genitori, alla liberta e compagna Methe, e anche ai fratelli, ritratti sui fianchi della stele. L’onomastica di questi due ultimi personaggi, appartenenti entrambi alla gens Iulia, la stessa della madre, sembra suggerire una diversa paternità per questi ultimi, figli di Grata e di Spurius, prenome usato anche per indicare la nascita illegittima.

Il dedicante assume l’onomastica paterna e si distingue per il cognome, che richiama la primogenitura. Evidentemente la professione di tonsor era abbastanza considerata se, grazie ad essa, Primus poté accedere alla corporazione degli Apollinares, importante collegio addetto al culto imperiale in ambito municipale.

Probabilmente il tonsor svolgeva attività di tosapecore o anche di mediazione tra produttori, artigiani e commercianti di lane, industria fiorente nel territorio compreso tra Parma e Modena. Appare meno convincente l’ipotesi, anche se non ci sono ragioni per escluderla, che il personaggio fosse un barbiere, attività che era svolta nelle botteghe e nelle terme.

Il testo epigrafico presenta alcuni problemi interpretativi di difficile soluzione: la parola PRIMVS potrebbe essere un secondo cognomen del dedicante, utile a indicarne la primogenitura, ma anche un aggettivo riferito a tonsor, col significato di “il miglior tonsore di Mutina”.

 

Stele di Domitia Nicarium

Stele a timpano iscritta databile al I secolo d.C. La stele conserva un frammento del piede per l’infissione nel terreno.

 

Stele di Domitia Nicarium
Musei Civici di Modena, Lapidario Romano

 

Domitia (mulieris) l(iberta) / Nicarium sibi et / T(ito) Propertio T(iti) l(iberto) Acanto, / viro suo, fecit. / In f(ronte) p(edes) XII, in ag(ro) p(edes) XII.

Domizia Nicario, liberta di una donna, fece a se stessa e a Tito Properzio Acanto, liberto di Tito, suo marito. (L’area sepolcrale misura) 12 piedi sul lato frontale, 12 piedi in profondità.
La liberta Domitia Nicarium erige il monumento a se stessa e al marito. L’area sepolcrale ha un’estensione di circa 12,6 mq.

 

Stele di P. Titus Primus

Stele frammentaria iscritta databile tra l’età augustea e i primi decenni del I secolo d.C. Conserva un frammento del piede per l’infissione nel terreno.

 

Stele di Publius Titus Primus
Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena

 

P(ublius) Titius […] / Primu[s sibi?] / et S[]/ Primae, / matri, Ma[…] / Primigenia[e…]. / In fr(onte) p(edes) X[…] / in ag(ro) p(edes) XI[…].

Publio Tizio Primo (fece) a se stesso e alla madre … Prima, e a Ma … Primigenia. (L’area sepolcrale misura) sul lato frontale X… piedi, e in profondità XI… piedi.
Ad erigere il monumento è Publius Titius Primus, di cui si ignora lo stato di nascita a causa della frattura della stele; nell’epigrafe è ricordata anche Prima, madre di Primus, ed una Primigenia, probabilmente della stessa famiglia. La dedica è stata incisa sotto ad un’altra epigrafe, erasa totalmente e scritta con caratteri di corpo minore.

 

Stele di C. Purpurarius Nicephor

Stele rettangolare, con specchio epigrafico ribassato e corniciato, sormontato da un timpano. La parte inferiore della stele, destinata al fissaggio nel terreno, è appena sbozzata. La stele è databile intorno alla fine del I secolo d.C.

 

Stele di C. Purpurarius Nicephor. Musei Civici di Modena, Lapidario Romano

 

V(ivus) f(ecit) / C(aius) Purpura / rius Nicephor / sibi et uxoribus / filis filiabus / libertis liber / tab(us) servis ser / vab(us). / In fr(onte) p(edes) XV, in a(gro) p(edes) XXX.

Gaio Porporario Niceforo da vivo fece a se stesso e alle mogli, ai figli e alle figlie, ai liberti e alle liberte, ai servi e alle serve. (L’area sepolcrale misura) sul lato frontale 15 piedi (m 4,4), in profondità 30 piedi (m 8,8) (= mq. 39,4).
C. Purpurarius Nicephor accomuna nella stessa sepoltura le mogli e tutta la sua la famiglia allargata fino agli schiavi. Probabilmente per non rivelare l’origine servile, di cui il cognome di origine greca Nicephor è comunque un indizio, omette il patronimico e il patronato. Il gentilizio del personaggio potrebbe derivare dalle attività artigianali legate alla lavorazione della lana, una delle risorse economiche principali di Mutina. Il purpurarius si occupava principalmente della tintura, dopo le fasi della sgrassatura e del candeggio delle lane.

 

Parte di basamento di monumento funerario

I due blocchi ricomponibili facevano parte originariamente di una base modanata di un monumento funerario a corpo cilindrico, databile tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. Sono ornati da una cornice decorata da un motivo stilizzato a dardi e fiori di croco (kyma lesbio). Il monumento funerario era di notevoli dimensioni, con un diametro ricostruibile di circa metri 3,20.

 

Parte di basamento di monumento funerario
Musei Civici di Modena, Lapidario Romano

 

Leoncino in pietra calcarea

La piccola scultura, che riproduce un leone, si data al I sec. a.C. e faceva probabilmente parte dell’apparato decorativo di un monumento funerario.

 

Leoncino in pietra calcarea. Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena

 

Urne cinerarie in pietra

L’urna cineraria, databile alla seconda metà del I secolo d.C., è dotata di un coperchio che presenta grappe di fissaggio di piombo per la chiusura.

 

Urna cineraria in pietra di forma cilindrica. Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena

 

Il coperchio dell’urna cineraria è decorato con un finto acroterio a testa femminile, la cassa con festone e bucrani. Fine I secolo a.C. – metà I secolo d.C.

 

Urna cineraria in pietra a forma di cassetta
Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena

 

Elementi di corredo

 

Balsamari in vetro colorato. Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena

 

Elementi del corredo della tomba 43: maschera di Dioniso, statuetta di galletto e riproduzione di sedile con alto schienale in terracotta. II secolo d.C.

 

Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena

 

Anello d’oro dalla tomba 122. II secolo d.C.
Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena

 

Piatti, olla in ceramica comune, lucerna e moneta dalla tomba 140. II secolo d.C. Modena, Museo Civico Archeologico Etnologico.

 

Elementi del corredo della tomba 135, fine II secolo d.C.: vasetti unguentari in ceramica comune, pendaglio in lamina di bronzo, balsamari in vetro, monete di Traiano e di Antonio Pio, murice, tessera nummularia datata al 13 a.C.

 

Modena, Museo Civico Archeologico Etnologico.

 

Dupondio dell’imperatore Antonino Pio (138-161 d.C.) dalla tomba 135. Modena, Museo Civico Archeologico Etnologico.

 

Tessera nummularia in osso dalla tomba 135
Modena, Museo Civico Archeologico Etnologico.

 

Chilo, C. […]anii (servus), / sp(ectavit) m(ense) Apri(le), / Ti(berio) Clau(dio) Nero(ne) / P(ublio) Quin(tilio) Var(o) co(n)s(ulibus).

Chilone, schiavo di Gaio …anio, eseguì il controllo nel mese di aprile, sotto il consolato di Tiberio Claudio Nerone e Publio Quintilio Varo.

 

Questa tessera è costituita da un bastoncino in osso di forma parallelepipeda terminante con un occhiello cilindrico a foro passante. Ognuno dei quattro lati reca un’iscrizione incisa. Questa tessera era destinata ad essere appesa con un legaccio ad un sacchetto contenente una somma di denaro, e riportava il nome di un servo nummulario, Chilone, che aveva controllato peso, titolo e tipo delle monete contenute.

L’ispezione è avvenuta nel mese di aprile durante il consolato di Tiberio Claudio Nerone (il futuro imperatore Tiberio) e di Publio Quintilio Varo (che sarebbe stato sconfitto nella foresta di Teutoburgo), quindi nel 13 a.C. Gli altri oggetti del corredo della tomba 135 sono databili alla fine del II sec. d.C., quindi la tessera nummularia era già antica quando è stata deposta nella tomba.