342. Via A. Crespellani 19
Necropoli. Età tardoantica
1971. Scavi per la costruzione di un edificio
Durante i lavori fu rinvenuta a m 2,50 di profondità una stele iscritta reimpiegata come copertura di una tomba a cassa laterizia, deposta con orientamento da est a ovest. Nella stessa area e alla medesima profondità fu trovata anche una lastra marmorea con rilievo raffigurante il mito dei Niobidi, databile al I secolo d.C. e in questo contesto evidentemente reimpiegata.
Il sito è da porre in relazione con la necropoli tardoantica a est della città. La profondità di rinvenimento inferiore ad altre vicine e il reimpiego della stele iscritta come elemento di copertura di una tomba confermano, infatti, una datazione del complesso ad età tardoantica sebbene la lastra e la stele siano databili a periodi precedenti.
La lastra con il rilievo figurato è conservata presso il Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.
Rinvenimenti
Lastra dei Niobidi
Lastra di marmo bianco decorata da un fregio ad altorilievo, scolpita da una bottega di tradizione neoattica forse su modello di un originale scolpito dallo scultore greco Fidia nel V secolo a.C. Il rilievo rappresenta l’uccisione dei figli di Niobe alla presenza del padre Anfione.
Secondo il mito, Niobe, figlia di Tantalo, aveva generato molti figli (Niobidi) ed era tanto fiera di essi da ritenersi migliore di Latona, madre soltanto di Apollo e Artemide. Latona, sdegnata da tale superbia, inviò i suoi due figli a vendicarla, uccidendo tutti i Niobidi.
La natura del rinvenimento non consente di stabilirne con certezza l’impiego originario, tuttavia è molto probabile che la lastra decorasse un monumento funerario di età imperiale della necropoli orientale di Mutina. È verosimile che sia stata reimpiegata, come la stele trovata accanto, in età tardoantica. Il rilievo si data al I secolo d.C.
Fanciulla che indossa un lungo peplo e fugge precipitosamente verso destra, volgendo il capo all’indietro, mentre il mantello fluttuante si avvolge attorno al pugno sinistro.
Fanciullo inginocchiato, con il mantello scivolato intorno agli arti inferiori, rappresentato nell’atto di afferrare con le mani la freccia che lo ha colpito tra le scapole. È affiancato da un fanciullo nudo, con il mantello avvolto intorno al braccio sinistro, che porta la mano destra nel punto in cui è stato trafitto dal dardo.
Gruppo costituito da un uomo barbato (Anfione), vestito di un ampio mantello e seduto su un trono di grandi pietre squadrate, che accoglie con il braccio destro proteso una fanciulla giovanissima che fugge verso di lui e tende le mani in segno di supplica.
Approfondimento
Ipotesi ricostruttiva del fregio fidiaco del trono di Zeus di Olimpia
Il modello greco utilizzato nei diversi rilievi dei Niobidi di tradizione neoattica finora noti è stato identificato con il fregio che ornava il trono di Zeus di Olimpia, di cui abbiamo conoscenza da una descrizione di Pausania:
“Su entrambi i piedi frontali ci sono i fanciulli tebani rapiti dalle sfingi e sotto le sfingi Apollo e Artemide uccidono i figli di Niobe.”
Sembra probabile che il rilievo fosse distribuito in due parti collocate sui fianchi del trono all’altezza del piano d’appoggio e che le figure fossero scolpite in materiale chiaro, forse avorio, e applicate su uno sfondo di forte risalto cromatico, ebano o pietra colorata.
Le figure scolpite sul fregio modenese derivano direttamente dal modello iconografico originale ad eccezione del gruppo di Anfione posto sull’estrema destra, che è una reinterpretazione iconografica del mito, quasi certamente posteriore alla seconda metà del IV secolo a.C.
Stele di T.Vettius Primigenius
Stele rettangolare priva del piede, forse eliminato nel reimpiego tardoantico, quando il monumento fu rovesciato e riutilizzato come copertura di una tomba a cassa laterizia. La tipologia e i caratteri epigrafici fanno pensare ad una datazione alla fine del II secolo d.C. – inizi del III.
V(ivus) f(ecit), / Dis Manib(us), / T(itus) Vettius Primigen(ius) / sibi et / Purtisiae Primige/niae coniugi et / Vettiae Proculae / filiae, / libẹ[rtis libertabus], / [servis] serva[bus]. / [In f(ronte)] p(edes) X̣[—] / [in a(gro)] p̣(edes) [—].
Ancor vivo fece, -Agli Dei Mani!-, Tito Vettio Primigenio, a se stesso e alla moglie Purtisia Primigenia e alla figlia Vettia Procula, ai liberti e alle liberte, agli schiavi e alle schiave. Il recinto misura sul lato frontale (…) piedi, (…) piedi in profondità.
Titus Vettius Primigenius pone il monumento sotto la protezione degli Dei Mani, destinandolo a se stesso, alla moglie, alla figlia, ai liberti e ai servi tutti.