Sarcofago di Bruttia Aureliana (rinvenimento 55). Museo Lapidario Estense.

Il reimpiego “pubblico”

Rinvenuti probabilmente intorno alla metà del Trecento durante gli scavi per la cinta muraria nel borgo Cittanova i sarcofagi di Bruttia Aureliana e Appeiena Philumene vengono successivamente esibiti sul sagrato del Duomo senza un riuso specifico come tombe.

Se pur le fonti si contraddicono in merito alla collocazione riservata loro (sul lato meridionale del Duomo a fianco della Porta Regia per la Cronaca di S. Cesario, davanti alla facciata del Duomo, a fianco della Porta Maggiore per Tommasino de’ Bianchi), i due sarcofagi dovettero occupare un posto di prestigio in quanto furono entrambi investiti di un pregnante valore simbolico.

Si può parlare in questo caso di un “reimpiego pubblico” a cui non è estranea una valenza politica, in quanto le autorità cittadine decisero di esporli nella piazza principale in rappresentanza della cittadinanza tutta.

Il nome di Bruttia fu interpretato in maniera distorta e si avvalorò la leggenda che il sarcofago custodisse le spoglie di Marco Giunio Bruto, il famoso cesaricida simbolo delle libertà repubblicane, o di un altro Bruto (variamente identificato con il Decimo Giunio Bruto Albino eroe della guerra di Modena, o con  Marco Giunio Bruto, padre del cesaricida). Il grande sarcofago divenne così la tomba dell’eroe che, con la sua presenza, investiva l’intera città con l’autorevolezza del suo nome.

Sarcofago di Appeiena Philumene (rinvenimento 55). Museo Lapidario Estense.

Il sarcofago di Appeiena Philumene ottenne la stessa sorte del precedente: bastarono evidentemente la vicinanza con quello di Bruttia e la sua mole imponente per renderlo degno di figurare in uno spazio pubblico. È proprio a causa di questa perdita di significato preciso che il sarcofago diviene “esempio pubblico” capace, anche solo grazie alle proporzioni monumentali, di mostrare in tutta la sua valenza carismatica il volto dell’antichità.

In età rinascimentale, cambiato ormai il clima politico in città, si assisterà ad un riuso prettamente utilitaristico dei “sarcofagi di piazza” trasformati in casseforti private di botteghe di orefici.