I rituali funerari

Necropoli di Cittanova, scavo 1993. Sepoltura ad incinerazione.

La sepoltura

In età imperiale per la sepoltura dei defunti potevano essere adottati due riti, l’inumazione o l’incinerazione, secondo le tradizioni famigliari o le credenze individuali.

La documentazione archeologica rinvenuta in Emilia Romagna sembra rivelare che dopo una generale adesione al rito della inumazione, nel periodo di transizione tra l’età repubblicana e quella imperiale divenne prevalente il rito della cremazione, che sarà predominante per almeno due secoli.

Il rituale incineratorio poteva svolgersi secondo due pratiche: la cremazione diretta o bustum e la cremazione indiretta o ustrinum. Le tracce archeologiche delle necropoli consentono di ricostruire le procedure dei due tipi di cremazione. Innanzitutto il corteo funebre accompagnava sul luogo della sepoltura il defunto, deposto sopra il ferculum, una portantina di travetti di legno fissati con chiodi di ferro a due stanghe laterali. Su di essa potevano trovarsi anche gli oggetti di corredo. Il corpo ancora sistemato sulla portantina veniva poi deposto sopra la pira, che poteva essere collocata direttamente nella fossa destinata ad accogliere la sepoltura (bustum) o in un luogo distinto (ustrinum).

Dopo questa prima fase del rituale veniva dato fuoco alla catasta, che bruciava completamente finché, avvenuta la completa combustione, tra il terreno della fossa cotto e arrossato non rimanevano che cenere, resti del legno carbonizzato, frammenti di ossa e degli oggetti deposti con il defunto. Dopo lo spegnimento del rogo i parenti procedevano a dare la sistemazione definitiva della tomba.

Nel caso del rito a cremazione indiretta i resti del rogo funebre e le ossa combuste erano raccolti e deposti in una piccola fossa o pozzetto, spesso all’interno di un’urna.

Nel rito a cremazione diretta erano invece sepolti nella stessa fossa nella quale era stato predisposta la pira. Le ossa bruciate potevano essere lasciate nella posizione in cui si trovavano, sparse sul fondo o venire meglio disposte al centro della buca. Altri materiali di corredo integri e non toccati dal fuoco potevano essere deposti nella fossa. A questo punto la tomba era ricoperta di terra e semplicemente richiusa oppure poteva essere segnalata all’esterno da stele o da grandi monumenti sepolcrali.

La commemorazione dei defunti

La morte del defunto comportava per la famiglia un periodo di lutto e cordoglio che durava nove giorni. All’inizio e alla fine di questo periodo erano previste cerimonie nelle quali una parte importante era riservata al consumo, effettivo o simbolico, di cibo: il giorno della sepoltura aveva luogo presso la tomba il banchetto funebre; un altro pasto in comune segnava poi la fine del periodo di lutto.

I riti destinati ai defunti non si esaurivano con la sepoltura; i defunti erano commemorati sia a scadenze fisse che in date particolari legate alla vita del singolo. Nel calendario romano esistevano infatti dei giorni destinati alla memoria collettiva dei defunti, i giorni dei parentalia e dei feralia, che si svolgevano dal 13 al 21 di febbraio e che avevano carattere di festa pubblica, durante la quale si chiudevano i templi e non si potevano celebrare matrimoni.

Altri riti legati a date particolari commemoranti la nascita o la morte del defunto erano eseguiti dai parenti secondo quanto dichiarato nelle prescrizioni testamentarie. Anche in queste occasioni si svolgevano cerimonie che potevano comprendere oltre al sacrificio agli Dei Mani, libagioni e banchetti.

Libagioni e banchetti funebri

Lo svolgimento dei riti funebri può essere ricostruito sulla base di tracce archeologiche rinvenute nelle necropoli. Sia durante il funerale sia dopo la chiusura della tomba i parenti consumavano bevande e cibi in onore del defunto, utilizzando vasi che spesso venivano poi frantumati e abbandonati a terra intorno alla sepoltura.

Le offerte a volte erano introdotte anche all’interno della tomba attraverso un semplice condotto, ottenuto generalmente con un tubo di terracotta, oppure con l’unione di due coppi o con un’anfora tagliata orizzontalmente. Il liquido delle libagioni (acqua, vino, latte, miele, olio, sangue delle vittime sacrificali) e il cibo potevano così raggiungere i defunti.

Questo semplice dispositivo era in genere utilizzato nel caso di sepolture individuali; nel caso invece di monumenti con sepolture di più individui era frequente l’uso di disporre intorno all’edificio funerario diversi condotti per libagioni; in questo modo il liquido non raggiungeva più i singoli resti ma la terra in cui erano contenute le sepolture.

 

Unguentari di vetro, piccolo unguentario di ceramica comune e lucerna, parte del corredo da una tomba alla cappuccina rinvenuta presso la chiesa parrocchiale di Ganaceto. Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

I corredi

Il rito funerario prevedeva l’inserimento nella tomba di oggetti personali o suppellettili, materiali che nel loro insieme costituivano il corredo affidato al defunto per il suo viaggio nell’Aldilà.

Il corredo era generalmente deposto sul fondo della fossa, a diretto contatto con il defunto; nel caso delle tombe a cremazione le offerte potevano essere praticate a più riprese in momenti diversi del rituale: prima e durante il rogo, al suo spegnimento, durante il seppellimento dei resti.

Nel caso dell’adesione al rito crematorio gli oggetti erano spesso danneggiati dal calore del rogo altre offerte potevano essere collocate all’esterno della fossa, durante i riti di commemorazione dei defunti.

Alcuni oggetti di corredo ricorrono frequentemente nelle tombe, in quanto erano inseriti per convenzione rituale. Nelle tombe si rinvengono frequentemente monete, secondo quanto prevedeva l’antica usanza del cosiddetto “obolo di Caronte”, moneta deposta nella sepoltura come simbolico pagamento del pedaggio al nocchiere infernale per traghettare le anime dei defunti nell’Aldilà, lucerne che servivano per irradiare luce sulla via dell’oltretomba, balsamari, destinati a diffondere nel sepolcro l’aroma di essenze e profumi, contenitori per liquidi, quali bicchieri, boccali, coppe, tazze e ollette, connessi con le libagioni.

Altri oggetti erano più strettamente legati alla sfera individuale del defunto, come gli ornamenti personali e gli accessori da toeletta o anche utensili correlati alla professione.