Le colonie

I Romani man mano che sottomettevano con le armi le regioni d’Italia, si impadronivano di parte del territorio e vi fondavano città (Appiano, Bella Civilia 1.29).

Principali insediamenti dell’Italia settentrionale nella fase di colonizzazione romana.

Tali città, denominate colonie, potevano essere direttamente fondate dai romani oppure sorgere su centri abitati preesistenti che in tal caso venivano ristrutturati secondo l’organizzazione che i romani davano ai centri urbani.

La colonizzazione era una pratica antica che gli stessi romani attribuivano già alle popolazioni protostoriche e preromane.

La fondazione (o come si usa dire la deduzione) di una colonia era un atto ufficiale dello Stato romano che reclutava la popolazione dei nuovi residenti (coloni). In età repubblicana la fondazione di una colonia era di norma un atto che veniva deliberato dalle assemblee popolari (comitia) su proposta dei tribuni della plebe o più raramente dei consoli che operavano su decisione del Senato.

Quando erano in vigore le magistrature straordinarie (dittature o triumvirati) la decisione della fondazione di nuove colonie era affidata direttamente ai magistrati supremi. In età imperiale invece la decisione formale sull’istituzione di nuove colonie dipendeva dall’imperatore.

Le più antiche colonie di cui è pervenuta notizia risalgono al V – IV secolo a.C., ai tempi dell’alleanza fra Roma e i Latini, quando vennero creati nei territori conquistati dei centri autonomi e sovrani nell’ambito del territorio assegnato.

In seguito il sistema di dedurre colonie fu usato per rinsaldare il potere di Roma e per dislocare lungo le strade consolari centri strategici sotto il profilo militare, logistico ed economico. Il territorio delle colonie veniva centuriato e in parte assegnato in lotti ai coloni che dovevano coltivarlo e trarne il necessario sostentamento.

Le colonie erano di due tipi: latine e romane. Nelle colonie latine venivano insediati cittadini romani, latini ed anche italici i quali acquistavano la cittadinanza latina della colonia che formalmente risultava autonoma ed alleata di Roma. L’ordinamento delle colonie latine ricalcava quello dello Stato romano con un senato, assemblee popolari e magistrature. Avevano leggi e contingenti militari autonomi e potevano battere moneta.

Nei confronti di Roma avevano l’obbligo di fornire aiuti militari ed economici in caso di stato di guerra o di necessità. Le colonie romane erano formate da cittadini romani di pieno diritto ed erano considerate parte integrante dello Stato romano e in quest’ambito avevano diritto di voto. Inizialmente dipendevano direttamente da Roma ma in seguito furono dotate di organismi (senato, assemblee, magistrature) autonomi ma con giurisdizione limitata.

Esisteva infine una forma di colonizzazione che non comportava la deduzione di coloni ma solo la distribuzione di terre. Questa forma di colonizzazione, che normalmente avveniva nei territori meno esposti sul piano militare, viene definita assegnazione viritana.

Mutina e Parma furono le prime colonie di diritto romano dedotte lungo la via Emilia, nel 183 a.C. Differentemente da Bononia, colonia latina fondata appena cinque anni prima, che aveva avuto assegnazioni molto consistenti (da 40 a 70 iugeri, pari a 10 e 18 ettari, per ciascuna delle tremila famiglie), le due colonie romane ebbero assegnazioni molto ridotte: 8 iugeri (circa 2 ettari) per Parma e appena 5 (poco più di un ettaro) per Mutina.

Questa differenza fu probabilmente causata dal fatto che i cittadini delle colonie romane potevano partecipare alla vita politica di Roma, e pertanto, assegnando ai coloni lotti molto ridotti di terreno, lo Stato romano li manteneva a livelli economici molto bassi, salvaguardandosi da una loro eccessiva ingerenza nella vita pubblica.